LA COMPOSIZIONE NEGOZIATA NEL CORRETTIVO-TER
(un cambio di prospettiva)
L’art. 12 co. 1 del decreto legislativo n. 14/2019, come modificato dal decreto legislativo n. 136/2024, c.d. correttivo-ter del Codice della crisi, (reso in attuazione della L. 20/2019, recante «Delega al Governo per l’adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza, di cui alla legge 19 ottobre 2017, n. 155, che prevede la possibilità di emanare disposizioni correttive e integrative al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14» e della L. 53/2021, recante delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2019-2020, ed in particolare l’articolo 1, comma 1, e l’allegato A, n. 22,) “L’imprenditore commerciale e agricolo può chiedere la nomina di un esperto al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa, quando si trova nelle condizioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a) o b), ( [..], a) «crisi»: lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi; b) «insolvenza»: lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni; oppure quando si trova anche soltanto in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.”
È rafforzata la volontà del legislatore, adeguando il nostro ordinamento alla Direttiva EU 1023/2019 (Insolvency), di scindere le sorti dell’impresa da quelle dell’imprenditore e di puntare alla salvaguardia della continuità aziendale in qualsiasi forma (diretta e indiretta e/o con altre operazioni straordinarie) anche allorquando essa versi in stato di insolvenza, purchè reversibile, non escludendo, ad avviso di chi scrive, una proposta e un piano in forte discontinuità caratterizzanti la continuità indiretta (fitto, cessione etc) anche qualora l’insolvenza (con l’attuale governance) sia qualificata irreversibile, purchè il piano non sia implausibile ed abbia quale obiettivo prioritario, in aggiunta alla soddisfazione dei creditori, il ripristino della continuità aziendale incidendo drasticamente anche sul modello di business.
Il correttivo-ter fa chiarezza circa la possibilità anche per le imprese in stato di insolvenza di fare istanza di accesso alla composizione negoziata, alle condizioni di cui si è detto nella parte superiore.
Parte della giurisprudenza di merito aveva considerato lo stato di insolvenza di impedimento all’accesso alla composizione negoziata perché l’art. 12 co 1 CCI, prima del correttivo-ter, faceva riferimento solo alla probabilità che si verificasse la crisi o l’insolvenza dell’impresa, quindi quest’ultima non ancora conclamata al momento dell’istanza di accesso o perché l’art. 21 co 1, 3° cpv, rubricato “Gestione dell’impresa in pendenza delle trattative” fa riferimento allo stato di insolvenza emerso nel corso della composizione, e non al momento dell’apertura: “[..], Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l’imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l’impresa nel prevalente interesse dei creditori.”
La giurisprudenza prevalente si era orientata a favore dell’ammissibilità (cfr. Trib. Velletri RG n° 3132/2022 V.G., Trib. Bologna 8 novembre 2022) non escludendo che l’impresa insolvente, potesse fare istanza di accesso alla composizione negoziata, evidentemente in presenza di prospettive plausibili di risanamento e ripristino della continuità aziendale.
In presenza di una condizione di insolvenza irreversibile e di una soluzione incentrata sulla cessione d’azienda a terzi individuati, con deposito di una offerta irrevocabile di acquisto, il Tribunale di Velletri nulla ha contestato al riguardo anche perché l’offerta irrevocabile di acquisto comportava un aspetto di grande discontinuità e al contempo garantiva al ceto creditorio ben più convenienti prospettive certe di soddisfazione, rispetto alla liquidazione, in pendenza di una istanza di fallimento.
Fondamentale si rivela il parere dell’esperto ex art. 17 co 5 CCI, che è chiamato, tra l’altro, a verificare e dichiarare la sussistenza di concrete prospettive di risanamento, utili anche nella parentesi della fase giurisdizionale per la conferma delle misure protettive.
L’introduzione della transazione fiscale di cui all’art. 23 co 2 bis CCI è la grande novità da tutti auspicata e attesa in quanto “[…], l’imprenditore può formulare una proposta di accordo transattivo alle agenzie fiscali, all’Agenzia delle entrate-Riscossione che prevede il pagamento, parziale o dilazionato, del debito e dei relativi accessori [..], insieme al riconoscimento della prededucibilità di cui all’art. 22 co 2 a) per cui il tribunale, nell’interesse dei creditori, può “[..] a) autorizzare l’imprenditore, ai fini del riconoscimento della prededuzione, a contrarre finanziamenti in qualsiasi forma, compresa la richiesta di emissione di garanzie, oppure autorizzare l’accordo con la banca e l’intermediario finanziario alla riattivazione di linee di credito sospese;[..]” . Il legislatore ha inteso imprimere una spinta al percorso stragiudiziale della composizione negoziale con i creditori al fine di deflazionare i tribunali e soprattutto di intercettare quei segnali di crisi che, in caso contrario, potrebbero condurre all’insolvenza che, in caso di irreversibilità, brucerebbe valori, posti di lavoro e possibili fenomeni a catena.
La innovativa prospettiva europea dell’impresa moderna, considerata quale organismo indipendente dall’imprenditore e dalla sua volontà soprattutto quando è in crisi, marcando la responsabilità della governance e degli organi di controllo non solo in caso di intempestivo intervento nell’intercettazione dei segnali di crisi ma anche nell’assunzione di decisioni ex art. 120 bis CCI che incidono sul successo delle iniziative finalizzate al risanamento dell’azienda, sull’occupazione e sulle aspettative dei creditori, oltre che dei soci, ha diffuso il concetto che il bene primario da tutelare, per gli interessi ad esso sottesi, sia l’azienda e la sua continuità laddove ciò sia possibile.
Al contempo il legislatore ha reso meno drammatico l’esito della liquidazione giudiziale in assenza di prospettive di riconversione dell’insolvenza, dando ad esso la considerazione di un fenomeno quasi fisiologico nella vita di un’impresa e non per questo biasimevole per l’imprenditore onesto e per amministratori ed organi di controllo responsabili.
Avv. Luigi Benigno