L’obbligo di disporre la confisca di tutti beni utilizzati per commettere un reato societario, anche nella forma per equivalente, può condurre a risultati sanzionatori manifestamente sproporzionati, ed è pertanto incompatibile con la Costituzione.
Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella sentenza n. 7, depositata ieri e scritta da Francesco Viganò, con la quale ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’articolo 2641, primo e secondo comma, del Codice civile, che prevedeva l’obbligo.
«nei casi di reati concernenti gli abusi di mercato, la confisca deve essere limitata al solo profitto, in quanto tale ablazione garantisce appieno la funzione ripristinatoria». E invero, la misura ablativa con connotazioni «punitivo-sanzionatorie», se estesa al prodotto e ai mezzi utilizzati per commettere il reato, potrebbe assumere carattere sproporzionato. La limitazione della confisca al profitto del reato realizzerebbe invece «una proporzione sostanzialmente automatica tra il vantaggio scaturente dalla commissione dell’illecito e l’ammontare della confisca, anche per equivalente, senza alcun riverbero sull’entità del trattamento sanzionatorio».