Secondo il giudice di primo grado, l’imputato – nella qualità di professionista attestatore – avrebbe esposto informazioni false o comunque avrebbe omesso di riferire informazioni rilevanti nella relazione di cui all’art. 161, comma 3, legge fall., allegata al ricorso per l’ammissione al concordato preventivo della società “Omissis s.r.l.”. In particolare, avrebbe indicato un rilevante apporto di nuova finanza – pari a euro 200.000,00 – asseritamente proveniente da Omissis, madre del Omissis, senza alcuna previa verifica dell’attendibilità e fattibilità dell’apporto, anche in ordine alle tempistiche e alle modalità di assolvimento dell’obbligo, tenuto conto anche che si trattava di prossimo congiunto del liquidatore (apporto finanziario infatti mai avvenuto).
Con sentenza del 22 maggio 2023, Ma Corte di appello di Torino ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, dichiarando l’estinzione del reato per prescrizione e confermando le statuizioni civili.
l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia. 2.1. Con un unico motivo, deduce i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt.342 del d.lgs. n. 14 del 2019 (Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza) e 2 cod. pen.
Rappresenta che il reato di falsità in relazioni o attestazioni commesso dal professionista, prima descritto dall’art. 236-bis legge fall., à stato oggetto di recente modifica a opera del “codice della crisi di impresa e dell’insolvenza”.
Il “nuovo” art. 342 del d.lgs. n. 14 del 2015 punisce «il professionista che nelle relazioni o attestazioni … espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel piano o nei documenti ad esso allegati».
La nuova norma, dopo l’aggettivo “rilevanti”, aggiunge le parole «in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel piano o nei documenti ad esso allegati». Proprio tale aggiunta, secondo il ricorrente, avrebbe determinato l’effetto parzialmente abrogativo.
L’attenzione, dunque, doveva essere necessariamente spostata dal giudizio prognostico, in senso stretto inteso, alla base informativa che ne costituiva il fondamento nonché ai criteri e ai metodi impiegati per giungere all’enunciato a contenuto predittivo. Con riferimento a questi ultimi, si scorge una trama sufficientemente solida per supportare una valutazione in termini di vero/falso, secondo canoni epistemologici ormai consolidati che autorizzano giudizi del genere anche con riferimento a enunciati valutativi.
La configurabilità di un giudizio di verità/falsità rispetto a enunciati valutativi, limitata al rispetto di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, d’altronde, è stata espressamente ammessa – seppure con riferimento al reato di false comunicazioni sociali – dalle Sezioni Unite (cfr.Sez. U, n. 22474 del 31/03/2016, Passarelli, Rv. 266803).
L’art. 236-bis legge fall., dunque, dava penale rilevanza anche alle attività che il professionista attestatore prestava con riferimento alla “fattibilità economica” del piano, ma limitatamente alla correttezza e alla compiutezza della base informativa nonché alla correttezza dei metodi e dei criteri valutativi impiegati.
Interpretato l’art. 236-bis legge fall. nei termini restrittivi esposti, si deve escludere che il “nuovo” art. 342 del d.lgs. n. 14 del 2015 abbia determinato un effetto parzialmente abrogativo della vecchia fattispecie.
La nuova norma, dunque, non ha determinato effetti abrogativi parziali e, in particolare, non ha reso penalmente irrilevanti le attività del professionista relative alla correttezza e alla compiutezza della base informativa nonché alla correttezza dei metodi e dei criteri valutativi impiegati per effettuare la valutazione prognostica circa la “fattibilità economica” del piano. Tale interpretazione risulta perfettamente conforme alle intenzioni del legislatore delegato, palesate nella Relazione illustrativa al “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza”, nella parte in cui si afferma che: «l’art. 342 riproduce sostanzialmente sul punto il contenuto del vigente art. 236-bis legge fall.»; la norma non ha «quindi contenuto di novità in relazione alle condotte punite, proprio perché deriva […] da disposizioni analoghe già vigenti».