Cassazione Civile Ord. Sez. 3 Num. 1387 Anno 2023
MASSIMA
è da ritenersi egualmente illecita la condotta di «concessione abusiva di credito», che individua «l’agire del finanziatore che conceda, o continui a concedere incautamente, credito in favore dell’imprenditore che versi in stato di insolvenza o comunque di crisi conclamata».
Il soggetto finanziatore è invero tenuto all’obbligo di rispettare i principi di c.d. sana e corretta gestione, verificando, in particolare, il merito creditizio del cliente in forza di informazioni adeguate.
«dato che l’attività di concessione del credito da parte degli istituti bancari non costituisce mero “affare privato” tra le stesse parti del contratto di finanziamento, l’ordinamento ha predisposto una serie di principi, controlli e regole, nell’intento di gestire i rischi specifici del settore, attese le possibili conseguenze negative dell’inadempimento non solo nella sfera della banca contraente, ma ben oltre di questa; potendo, peraltro, queste coinvolgere in primis il soggetto finanziato, nonché, in una visuale macroeconomica, un numero indefinito di soggetti che siano entrati in affari col finanziato stesso».
per quanto riguarda i profili civili risarcitori le condotte di «abusivo ricorso e di abusiva concessione del credito» possono cagionare alla società amministrata o finanziata, sul piano economico, un danno da diminuita consistenza del patrimonio sociale e, sul piano contabile, l’aggravamento delle perdite favorite dalla continuazione dell’attività d’impresa e che, a fronte di tali situazioni pregiudizievoli, il curatore è investito della legittimazione a promuovere le azioni previste dall’art. 2394-bis cod. civ. e dall’art. 146 I.f. nei confronti degli amministratori, dei direttori generali e dei liquidatori nell’interesse della massa dei creditori;
la società ed i terzi possono anche agire nei confronti delle banche finanziatrici, ritenute responsabili, in conseguenza dell’illecito sostegno finanziario all’impresa per la concessione o la reiterata concessione del credito, dei danni loro cagionati e ciò quando la banca abbia, dolosamente o colposamente, mantenuto artificiosamente in vita un imprenditore in stato di dissesto, in tal modo arrecando al patrimonio del medesimo danni pari all’aggravamento del dissesto, nonché delle perdite generate dalle nuove operazioni così favorite.
La legittimazione del Curatore opera ove si prospetti un’azione a vantaggio di tutti i creditori indistintamente, perché recuperatoria in favore dell’intero ceto creditorio di quanto sia andato perduto, a causa dell’indebito finanziamento, del patrimonio sociale, atteso che il fallimento persegue, appunto, l’obiettivo del miglior soddisfacimento dei creditori nel rispetto della par condicio.
Le azioni promosse dal curatore, vale a dire quella contro gli amministratori prevista dall’art. 146 I.f. e quella contro il finanziatore c.d. abusivo ex art. 1218 cod. civ. ed art. 2043 cod. civ., hanno entrambe come presupposto la diminuzione del patrimonio sociale derivante dalla prosecuzione dell’attività d’impresa con aggravamento dello stato di dissesto.