Secondo il consolidato indirizzo nomofilattico, il cd. “requisito oggettivo”, cui è condizionato il beneficio della esdebitazione (e dunque l’inesigibilità dei crediti residui verso il fallito), richiede, ai sensi dell’art. 142, comma 2, l.fall., che i creditori concorsuali siano stati soddisfatti almeno “in parte”, e tale condizione s’intende realizzata, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata (e coerente con il favor per l’istituto già formulato dall’art. 1, comma 6, lett. a), n. 13 della legge delega n. 80/2005) anche quando taluni di essi non siano stati pagati affatto, risultando invero sufficiente che una parte dei debiti, oggettivamente intesa, sia stata pagata in sede di ripartizione dell’attivo, ed essendo rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito una valutazione comparativa della consistenza di quella “parte” rispetto a quanto complessivamente dovuto (Cass. Sez. U, 24214/2011; Cass. 9767/2012, 16620/2016).
[..]proprio alla stregua del riferito approdo nomofilattico, l’art. 142 comma 2 l.fall. dev’essere interpretato nel senso che, ove ricorrano i presupposti di cui al primo comma della norma (cd. “requisito soggettivo”), il beneficio dell’esdebitazione dev’essere concesso, a meno che (come del resto recita espressamente la norma) i creditori concorsuali «non siano stati soddisfatti neppure in parte», e cioè siano rimasti totalmente insoddisfatti, ovvero, si è aggiunto – al fine di attribuire un contenuto fattuale alla nozione, di per sé vaga e generica, di “prudente apprezzamento del giudice” e, soprattutto, di scongiurare il rischio di valutazioni arbitrarie, con pronunce variegate sul territorio nazionale e magari difformi pur in presenza di situazioni identiche – siano stati soddisfatti in percentuale “affatto irrisoria” (cfr. Cass. 7550/2018, 15586/2018, 16263/2020, 15246/2022, 15155/2024 e, da ultimo, Cass. 19893/2024).