Entrambi i reclami sono infondati e vanno, come tali, respinti.

Nel lamentare che il decreto reclamato non avrebbe preso posizione sulla opposizione all’omologazione svolta dalla stessa Amministrazione fiscale nel relativo giudizio, l’AGENZIA censura in prima battuta carenza contenutistica del decreto di omologazione il quale, nel recepire acriticamente il contenuto della relazione dell’esperto, avrebbe violato l’art. 25 sexies, nell’omettere di indicare ragioni di non percorribilità di soluzioni concordate alternative, quali, in particolare l’accordo di ristrutturazione dei debiti, di cui all’art. 23, comma 1 e 2 lett.b).

Il motivo presenta profili tanto di inammissibilità che di infondatezza.

Il credito di cui si discute è un credito erariale e previdenziale assistito da privilegio generale mobiliare ex art. 2778 nn. 19 e 20, inserito nella proposta concordataria in classe 6 per totali € 292.453, remunerato parzialmente in privilegio nella misura del 4% e, per il resto, degradato a chirografo.

[omissis] va escluso che, nel caso di specie, la lamentata lacuna del contenuto del provvedimento impugnato – privo, in effetti, di espliciti riferimenti alla praticabilità delle soluzioni alternative al concordato, di cui agli artt. 57, 60 e 61 CCIA – possa di per sé condurre alla riforma del provvedimento.

[omissis] deve ritenersi, alla luce di un criterio devolutivo che deve improntare anche il presente mezzo di reclamo, che costituisse onere dell’Agenzia deducente allegare a quale specifica soluzione alternativa, fra quelle indicate dalla norma, avrebbe potuto concretamente accedere, tenuto conto della natura e della entità del proprio credito.

In tale prospettiva, appare tautologico e non dirimente il richiamo, nel corpo del ricorso, al precedente del Tribunale di Bergamo di cui al decreto 21.09.2022 dove, evidentemente, sussistevano i presupposti, per i creditori concorrenti, di addivenire a transazione fiscale, pacificamente non praticabile nell’ambito del concordato preventivo semplificato, soluzione qui, peraltro, neanche adombrata quale soluzione.

Né appare decisiva la difesa svolta, sul punto, dalla AGENZIA a pag. 13 dell’atto di reclamo, ritenendosi francamente paradossale la pretesa dello stesso creditore di ottenere “chiarimenti” dalla controparte sulla “provenienza dei crediti tributari”, quando lo stesso ente creditore avrebbe potuto agevolmente ricostruirne natura e consistenza.

[omissis] con un ulteriore motivo (pag. 15), attinente ai contenuti del piano, la parte lamenta l’ingiustizia dell’ampia falcidia del proprio credito, adducendo la violazione della regola dell’ “absolute priority rule” dato che il concordato in questione prevede la soddisfazione, per quanto parziale, di creditori postergati alla stessa Amministrazione fiscale in quanto titolari di privilegi di grado inferiore ovvero addirittura chirografari;

Il motivo è infondato.

Il ragionamento della parte risente, ad avviso del Collegio, di una lettura atomistica della disposizione e trascura di considerare come, tra le varie condizioni cui l’art. 25 sexies comma 5 CCII subordina l’omologazione del piano nel concordato semplificato, il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione, qui invocato dalla reclamante, coesista, a rigore, con ulteriori e concorrenti presupposti che, a rigore, non autorizzano a ritenere che la integrale soddisfazione dei prelazionari costituisca, nella presente procedura, un aspetto inderogabile ogni qualvolta l’assetto distributivo del piano costituisca per gli stessi un’alternativa quantomeno equivalente, ma mai deteriore, rispetto alla liquidazione giudiziale.

La mancata previsione di una regola che, come nel concordato ordinario, ammette la una indiscriminata falcidia dei crediti prelatizi con la c.d. degradazione del prelatizio per incapienza del bene non può essere interpretata restrittivamente, nel senso, cioè, di rendere automaticamente operante un principio di integrale soddisfazione dei prelazionari, essendo tale ultima condizione invocabile solo in quanto concretamente perseguibile anche in sede liquidatoria, tenuto conto delle specifiche condizioni date.
la particolarità dell’istituto, la soddisfazione non integrale dei crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non potendosi alterare l’ordine delle prelazioni, rimane condizionata all’incapienza dei beni sui quali insiste la causa di prelazione, ossia alla “asseverata” insufficienza del loro valore in rapporto all’ammontare del credito garantito, evenienza verificatasi nel caso di specie.

Qui, infatti, la necessità di assicurare una utilità pur minima all’intero ceto creditorio, come imposto dalla norma, ha imposto la soddisfazione parziale del credito vantato dal creditore privilegiato.

Discorso non dissimile deve valere per i motivi di reclamo svolti dalla [omissis].

Secondo la reclamante – titolare di un credito assistito da privilegio immobiliare ipotecario di primo grado per € 800.000, ma soddisfatta, secondo il piano, nel limiìte del valore commerciale dei beni sui quali è iscritta ipoteca “e così per € 377.640,85, con conseguente degradazione a chirografo della parte residua – ad essa dovrebbe spettare, all’esito della omologazione del piano, l’intero importo di € 660.000, pari al prezzo proposto dalla società terza [omissis] s.r.l. per l’acquisto dell’azienda. In dettaglio, deduce la parte, considerato che la quasi totalità della azienda sarebbe composta dai beni su cui è iscritta ipoteca di primo grado in favore di [omissis], non sarebbe congruo destinare alla stessa il minore importo di € 377.640,85 e che la restante somma venga adoperata per soddisfare, seppure in minima parte, i creditori chirografari. Infatti questi ultimi non potrebbero aspirare ad ottenere alcunchè, né in sede esecutiva né in sede fallimentare, con conseguente ingiustizia della riduzione delle somme attribuite in sede di riparto del piano concordatario.

Il motivo è infondato.

[omissis] la parte tralascia di evidenziare, con espresse deduzioni, il carattere pregiudizievole del piano rispetto alla alternativa liquidatoria, senza tener consto della specificità della fattispecie connotata da un’offerta di un terzo – evidentemente interessato alla continuità aziendale – che ha ad oggetto l’acquisto dell’intera azienda e non i singoli beni assistiti da ipoteca.

Tralascia la deducente di considerare come, in una ipotetica procedura liquidatoria, infatti, lo stesso creditore non potrebbe aspirare a conseguire, evidentemente, il corrispettivo di € 660.000 offerto dal terzo con la proposta irrevocabile – attivo configurabile solo nello scenario concordatario -, ma unicamente il valore di mercato del bene, corrispondente all’importo determinato in sede esecutiva immobiliare quale base d’asta, parti ad € 370.640,85, importo riconosciutole nel piano in contestazione.

Agli svolti rilievi segue il rigetto di entrambi i reclami.

Avv. Luigi Benigno – Dott. Prof. Ciro Lenti (Advisor)

 

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