Lo stato di sovraindebitamento – un concetto incompreso

 

Definizione di sovraindebitamento

È opportuno fare chiarezza circa la definizione dello “stato di sovraindebitamento” come declinato nel codice della crisi all’art. 2 co 1 lett c), il «sovraindebitamento» è “lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza”.

Da tale definizione si evince che il legislatore ha sintetizzato in tale stato le definizioni di “crisi” e “insolvenza” di cui al medesimo co 1 dell’art. 2, lett. a) e b), definendo lo stato di crisi, come integrato con il d.lgs 17 giugno 2022 n. 8, restando invariata la definizione di insolvenza.

Quindi, lo stato di sovraindebitamento sussiste allorquando uno dei soggetti di cui all’art. 2 co 1, lett. c) è in una situazione di “crisi”, “che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi;” oppure quando il soggetto è in stato di “insolvenza” […] “che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni;”.

Lo stato di sovraindebitamento si manifesta quando il debitore non può più far fronte ai propri debiti (stato di crisi)  quando questa difficoltà di adempimento può sfociare nell’insolvenza, oppure quando il debitore è già in uno stato di insolvenza, ad esempio quando un rapporto di credito è stato risolto per inadempimento, alla quale condizione consegue l’esigibilità dell’intero saldo oltre agli interessi moratori fino al soddisfo.

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, entrato in vigore il 15 luglio 2022, ha recepito le definizioni di insolvenza e quella di crisi, quest’ultima introdotta con il d.lgs n. 83/2022.

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con la sentenza n. 6 pubblicata il 25 gennaio 2024 offre una definizione dello stato di sovraindebitamento

“ […] pare sussistere la condizione di sovraindebitamento del ricorrente ai sensi dell’art. 2, c. 1 lett. c) CCII e più segnatamente della sua insolvenza, ex art. 2, c. 1 lett. b), poiché il suo patrimonio (tenuto conto dei beni liquidabili e della quota di reddito disponibile) non consente la soddisfazione ed il regolare adempimento delle obbligazioni assunte, pari a complessivi euro € 112.020,89; rilevato, infatti, che tale requisito va inteso quale generale situazione di difficoltà economica riguardante il debitore, che genera l’impossibilità di far fronte regolarmente, quindi con modalità e tempi fisiologici, alle obbligazioni assunte, indipendentemente dai motivi che l’hanno generata e indipendentemente dalla consistenza del patrimonio: ciò che rileva, in altri termini, è che il debitore non sia più in grado di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni, sino a diventare irrilevante anche che il patrimonio sia superiore alla esposizione debitoria, in quanto il patrimonio potrebbe essere altrimenti impegnato o non facilmente liquidabile”.

La ristrutturazione dei debiti consente di conseguire l’esdebitazione del soggetto non assoggettabile alla liquidazione giudiziale o, nei casi in cui il piano non preveda la falcidia dei crediti il solo beneficio giudiziale della dilazione dei pagamenti; ciò si rende necessario quando il debitore non è riuscito ad ottenere la rimodulazione dei pagamenti in via stragiudiziale; vuoi per le difficoltà tecniche dovute alla decadenza dal beneficio del termine e/o alla risoluzione per inadempimento, vuoi perché i creditori semplicemente non hanno convenuto con la richiesta.

Le procedure di sovraindebitamento, piano di ristrutturazione e concordato minore, possono consentire, quindi, l’esdebitazione per una parte dei debiti oppure la semplice rimodulazione delle rate; in questo ultimo caso non è richiesta l’esdebitazione ma solo la dilazione del rimborso secondo le regole del concorso e con l’attribuzione degli interessi al tasso legale ai soli creditori che godono di privilegio, pegno e ipoteca.

Posta la finalità dell’esdebitazione, quale obiettivo normale al quale anela il debitore che fa domanda di ristrutturare i propri debiti, nel caso in cui il debitore chiede solo una dilazione del pagamento integrale dei propri debiti, non necessita quindi l’esdebitazione finale, in tal caso sono operative le cause ostative all’accesso previste per il consumatore? Se il debitore non chiede la falcidia dei propri debiti ma solo una programmazione del rimborso secondo le regole temporali del concorso, ad avviso di chi scrive non troverebbero abbrivio alcuno le cause ostative poiché l’inammissibilità non sarebbe proporzionata al beneficio della semplice dilazione, essendo essa espressamente impeditiva al fine della finale esdebitazione.

Avv. Luigi Benigno

 

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